Quando le sfide sono… mondiali: intervista a Federico Marzouk

 

Negli ultimi anni Fortech ha lavorato a un processo di internazionalizzazione per aprire nuovi mercati e portare le nostre soluzioni oltre i confini nazionali. Ne parliamo con Federico Marzouk, che si occupa proprio dello sviluppo di business in nuove aree geografiche.

 

Federico tu sei entrato recentemente in Fortech, inaugurando un processo di internazionalizzazione più strutturato. Puoi raccontarci qualcosa di te e del tuo ruolo?

Le prime cose che posso dirvi è che sono in Fortech da circa due anni e mezzo, sono di Rimini e vengo da una realtà completamente diversa. Prima di lavorare qui mi occupavo infatti di commodities, più nello specifico ero export manager nel settore dell’alluminio.

Qui in Fortech invece mi sento un po’ un pioniere, perché prima di me non c’era una figura simile alla mia. Sono stato il primo ad essere assunto appositamente per sviluppare i mercati esteri.

Sono partito da una piccola base, visto che c’erano già delle installazioni in Marocco e in Spagna, e adesso stiamo lavorando anche su altri mercati, sia europei che extra europei. Non nego che la sfida è notevole. Sia l’automazione che i sistemi di pagamento necessitano infatti di una alta customizzazione per ogni nazione, sia a causa di normative specifiche che di configurazione e abitudine dell’esperienza utente sul punto vendita. Nonostante alcuni ostacoli, ora ci stiamo togliendo delle soddisfazioni e stiamo portando le nostre soluzioni anche al di fuori del mercato italiano, dove oramai siamo una realtà consolidata.

 

Venendo da un altro settore, la tua sfida principale è stata quella di capire un mercato nuovo o sono state altre?

La mia preoccupazione, quando sono venuto in Fortech, è stata quella di fare un periodo di formazione in ogni reparto affiancato dal responsabile per capire le varie dinamiche di un settore che non conoscevo affatto e coglierne le peculiarità, iniziando a comprendere cosa sta dietro ad una stazione di servizio.

La seconda sfida, che considero quella più grande, è stata quella di andare a perlustrare mercato per mercato e capire le differenze che ci sono con il mercato italiano, perché appunto il nostro è un mercato un po’ atipico rispetto alla maggior parte dei mercati esteri. In alcuni paesi ad esempio il fatturato delle stazioni di servizio deriva principalmente dalla vendita di prodotti non oil, quindi dallo shop, mentre in Italia è ancora la vendita di carburante a fare i volumi più alti con il self service a primeggiare.

Mi interfaccio regolarmente con interlocutori di diversi paesi per cercare di capire le loro necessità e in base a questo, con l’aiuto dei nostri sviluppatori e del nostro team tecnico, offrire loro soluzioni adatte al contesto e alle loro esigenze.

In ogni paese, oltre a abitudini e costumi diversi del singolo cliente che va a fare rifornimento, ha un peso enorme anche tutta la parte normativa e fiscale, che rappresenta uno scoglio abbastanza grosso, soprattutto considerando che negli anni alcuni governi hanno costruito delle vere barriere protezionistiche cercando di incentivare la crescita esclusivamente di aziende locali.

 

Se volessimo descrivere le tue attività principali, oltre a quella di analisi e scouting quali altre possiamo elencare?

Nel Team Fortech ricopro il ruolo di Export Sales Manager, ma mi definisco più semplicemente un Export Manager, perché effettivamente la parte di sales, di vendite, non fa parte del mio quotidiano. Quello che sto facendo ora è un po’ crossover, tra lo scouting e il project management, perché vado a reperire le informazioni dei vari Paesi dove dovremo andare a installare i nostri sistemi e faccio poi da collante tra il cliente e il nostro team tecnico.

Mi occupo infatti di confrontarmi con i responsabili dei diversi reparti per far sì che tutto il flusso funzioni in maniera corretta e le informazioni passino senza intoppi.Devo pertanto assicurarmi che le informazioni che reperisco dal cliente o dal mercato, da consulenti e quant’altro, siano chiare, fruibili e poi trasformabili tecnicamente dai nostri team interni.


Qual è l’installazione o il progetto estero che ti ha dato più soddisfazione?

Partirei dall’ultimo, che è il progetto che sto seguendo con una azienda irachena. Una realtà a cui mi sono approcciato circa un anno e mezzo fa, grazie a delle mie ricerche.

Il primo motivo per cui mi sta dando soddisfazione è che, considerando i pregiudizi e la scarsa conoscenza del Paese, tutti mi prendevano un po’ per matto mentre ho dimostrato che spesso occorre mettere da parte i propri preconcetti. È vero che l’Iraq non ha vissuto bei momenti negli ultimi decenni e che non è un Paese considerato particolarmente stabile dal punto di vista politico, ma è vero anche che la parte nord, il famoso Kurdistan è caratterizzata da una certa ricchezza ed è abituata e commerciare e negoziare con l’Italia, che viene considerato un Paese amico.

Potete immaginare la mia soddisfazione quando li ho incontrati qui nella nostra sede, dopo che hanno fatto i salti mortali per ottenere i visti e poter venire a conoscerci.

Dopo una prima fase di conoscenza reciproca, nell’aprile 2023, abbiamo chiuso il primo ordine di attrezzatura, per un progetto molto ambizioso vicino a Bagdad. Verrà infatti creata una nuova stazione di costruzione governativa, dove si andranno a rifornire alcuni dei mezzi dello Stato iracheno.

 

Sicuramente Federico sei una persona che non si spaventa davanti alle novità. Cos’altro si può dire di te?

Te lo confermo, a me piacciono le sfide, mi piace mettermi in gioco, e quindi quando il nostro Direttore Commerciale (Massimo Banci) mi ha chiesto di portare avanti questo ramo del business, ho accettato perché sapevo di poter imparare tanto. Poi potrei dire che sono anche molto duttile, e ho una buona capacità di comunicazione su più livelli, sia quello prettamente linguistico che quello più socio-psicologico. Se ci pensate infatti devo riuscire a relazionarmi con persone di differenti culture e non è uno scherzo passare dall’Iraq al Guatemala, dall’Islanda al Marocco. Lavorando con contatti di tutte le latitudini devo fare sempre attenzione ai diversi approcci al business e alle relazioni che hanno culture distanti l’una dall’altra.

Come sarà facile immaginare il mio ruolo porta all’interno di Fortech molta complessità quindi penso che gli altri potranno dire di me che sono anche un po’ un rompiscatole. Ma mi piace guardare questa cosa da un una prospettiva positiva, perché portando nuove sfide internazionali anche i miei colleghi possano allargare i propri orizzonti. Ad esempio, con il progetto che stiamo portando avanti in Germania, è stato attivato un corso di tedesco, e la stessa cosa si è fatta per lo spagnolo. La cosa bella è che in Fortech ci sono tutti ragazzi volenterosi, quindi sicuramente da un certo punto di vista penso che apprezzino anche quello che sto facendo per espandere i confini del nostro brand.

 

C’è un titolo di un film, una frase di una canzone, qualcosa che ti ispira? O che ti racconta, che ti rappresenta?

Prendo la palla al balzo perché recentemente ho visto un film molto bello riguardante la storia vera di un ex atleta olimpionico americano di origine italiana, Luis Zamparini. Un atleta che si era allenato per le olimpiadi del ‘44 ma che fu invece chiamato ad arruolarsi allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Mentre era in missione di ricognizione su un aereo fu colpito e rimase e 44 giorni su un gommone da solo. La sua caparbietà gli consentì di non mollare fina a quando fu trovato dai giapponesi e portato in un durissimo campo di lavoro. Un personaggio in cui tenacia e coerenza vanno sempre a braccetto. Il titolo del film è Unbroken ed è proprio un invito a non farsi spezzare dagli avvenimenti.

Mi ha ispirato perché in fondo la mia storia a livello lavorativo è sempre stata un po’ così: mi danno da gestire patate bollenti o progetti molto sfidanti e io devo tenere duro, perché non mollando arrivano le soddisfazioni. Finché vedo degli spiragli io cerco sempre di dare il meglio, come nel progetto con l’lraq che vi ho raccontato.

 

E se invece dovessi descrivere Fortech o definirla?

Premetto che io venivo da una realtà molto grande, anzi la realtà più grande nel suo settore in Italia, che veniva gestita però, come accade spesso nel nostro Paese, a livello familiare. Quando sono arrivato qui ho incontrato i 4 soci, ho conosciuto la loro storia e il legame che li univa, e questo mi ha entusiasmato. Mi sono proprio detto, è bello far parte di un gruppo di pionieri, di una squadra che ha voluto sognare in grande partendo da una realtà provinciale come Rimini.

Inoltre sono rimasto colpito dalla grande presenza di giovani e dai progetti di welfare.

Regolarmente si organizzano cose da fare assieme, dal trekking alle uscite in bici, agli aperitivi e io cerco sempre di partecipare perché si crea una bella atmosfera. Devo dire che c’è un bello spirito e lo testimonia quanto le persone siano unite anche al di fuori del lavoro.

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